Miaeconomia 4-4-2003
 
Unipol, la storia dei bond indagati

La procura di Milano ha aperto un’indagine, su segnalazione della Consob, in merito al caso Unipol, l’assicurazione bolognese che ha ritirato in modo sospetto nel febbraio 2002 alcune obbligazioni con scadenza 2005.

Come segnalato all’epoca da Beppe Scienza, professore dell’università di Torino in una intervista rilasciata a Miaeconomia, il 22 maggio 2002, la Unipol annuncia il ritiro anticipato delle obbligazioni a 100, mentre sul mercato i titoli vengono scambiati a valori nettamente inferiori, circa 92.

Poco prima del ritiro delle obbligazioni alcuni manager hanno fatto incetta dei bond incriminati. Chi sono stati i fortunati? Uomini d’affare della Unipol ed Emilio Gnutti per conto proprio e probabilmente della Hopa (società da lui presieduta).

Tutti movimenti che hanno insospettito la Consob, che ha prontamente segnalato il caso alla procura di Milano. Da qui l’apertura di un’inchiesta coordinata dal pm Eugenio Fusco con la perquisizione di diverse società in tutto il nord Italia.

I militari hanno perquisito sedi della Unipol, del Lloyd Adriatico, della Banca Antonveneta, di una Sim milanese e della bresciana Hopailano.

Per capire meglio quanto accaduto, Miaeconomia ha chiesto al professor Beppe Scienza la sua versione allo stato attuale delle cose.

Professor Scienza, ne sa qualcosa di questa vicenda?
Ne so molto. Anzi io mi dichiaro colpevole e non posso esimermi da una chiamata di correo nei confronti di Miaeconomia. Infatti entrambi siamo colpevoli… di aver denunciato per primi questa porcheria.

Si spieghi meglio.
E’ semplice: il 22 maggio 2002 Miaeconomia pubblicò, dopo che altre testate mi avevano fatto difficoltà, un mio intervento in cui denunciai due cose, una più indecente dell’altra.

Da un lato due rimborsi anticipati di obbligazioni dell’Unipol, di cui almeno uno puramente autolesionista, e dall’altro acquisti sospetti dei titoli in questioni poco prima che il rimborso fosse annunciato pubblicamente.

Perchè definisce autolesionisti quei rimborsi?
Rimborsando le Unipol 2000-05 2,25%, gli amministratori della società hanno procurato un bel danno ai azionisti. Anziché restituire i 318 miliardi di lire del prestito, bastava comprare banalissimi Buoni del Tesoro Poliennale di pari durata.

Per esempio i Btp 1-7-2005, che rendevano sul 4,65% annuo. La differenza fra i due tassi avrebbe fruttato circa 12,8 milioni di euro da allora alla scadenza.

Analogo discorso valeva per le Unipol 2000-05 3,75%. Qui il danno è stato minore, ma pur sempre sui 1,3 milioni di euro. Insomma, la compagnia d'assicurazioni bolognese ha dato un calcio a quasi 27 miliardi di lire.

Può spiegarsi meglio?
Potrei fare un esempio attuale. E’ come se improvvisamente l’Alitalia decidesse di rimborsare alla pari, ovvero a 100 euro, le sue obbligazioni che attualmente quotano circa 88 euro. Perchè mai dovrebbe farlo?

Ma in tutto questo cosa c’entrerebbe la Consob o la Magistratura?
In tutto questo forse ancora niente. Ma c’è altro. Decisi infatti di approfondire la questione. Per prima cosa telefonai all’addetto stampa dell’Unipol stessa, allora Emilio Spinardi.

Questi, evidentemente ritenendomi un cretino, mi rispose che la decisione di rimborsare quel prestito (al 2,25% ripeto) era dipendente dall’alto tasso d'interesse(!). Insistetti per ottenere qualche giustificazione meno strampalata, ma nonostante ripetute telefonate la sto ancora aspettando.
Al che m’insospettii e feci una mia piccola indagine. Andai cioè a spulciare le comprevendite di quei titoli alla Borsa di Milano e lì ne vennero fuori delle belle.

Sembra un giallo: cosa scoprì a Piazza Affari?
Dopo l’annuncio del rimborso anticipato, ovviamente i prestiti si portarono subito vicino ai 100 euro.

Ma cos'era accaduto in precedenza?
Quelle due obbligazioni generalmente poco trattate, con volumi giornalieri spesso nell'ordine dei 20-30 mila euro, furono acquistate in alcuni giorni di gennaio e febbraio nell'ordine di milioni di euro al 2,25%. Il 24 gennaio addirittura 20 milioni di euro al prezzo di 93.

L'emissione al 3,75% aveva ancora meno mercato e in alcune sedute non veniva neppure scambiata. Ma il 28 gennaio scopriamo un volume di 9,8 milioni di euro al prezzo di 97. Altri casi di volumi anomali, e un grafico, sono consultabili nella mia pagina Internet al Dipartimento di Matematica: www.beppescienza.it

Cosa insinua con questo?
Qui non si tratta d’insinuazioni, ma di fatti incontrovertibili. Io denunciai pubblicamente che un intervento degli organi di controllo era quanto mai opportuno.

Perchè qualcuno certi giorni aveva fatto acquisti così mastodontici, per giunta a prezzi poco convenienti? Da inizio 2002 le quotazioni del reddito fisso erano generalmente scese, quelle delle Unipol 2000-2005 invece salite.

Non c’era convenienza a tali acquisti, a meno di sapere in anticipo dell'imminente rimborso. Inoltre è stupefacente che ci fosse qualcuno bello pronto, per esempio il 24 gennaio, a vendere una tale barca di titoli. E c’è di peggio.

Cosa ha scoperto ancora?
Mi venne il dubbio, e lo scrissi, che addirittura il rimborso anticipato, in spregio agli interessi della società, sia stato deciso proprio per permettere quegli strani acquisti.

Comunque la cosa ha avuto eco?
Molto poco, in realtà. Venne ripresa il 1-6-2002 da Borsa & Finanza e poi denunciata alla Consob dall’Adusbef. E a quanto pare la Consob non è stata col le mani in mano. Però c’è qualcuno che avrebbe dovuto parlare e invece è stato ben zitto.

A chi si riferisce?
Al risparmio gestito: di fronte a una scelta così perniciosa per gli azionisti, era doverosa qualche reazione da quanti si vantano di tutelare gl'interessi degl'investitori. In particolare dai gestori dei fondi azionari che avevano in pancia azioni Unipol. Invece niente. Silenzio di tomba.

Al che delle due l'una. O non hanno capito, cosa possibile perché, a giudicare dei risultati, i gestori italiani non brillano certo per perspicacia. Oppure se ne sono accorti, ma la finanza è un salotto buono in cui non bisogna criticare chi rompe un vaso cinese, per altro non suo.

Credo che l’episodio non si possa definire semplicemente un caso di insider trading. Oltre al fatto che qualche ben informato ci abbia guadagnato, era il rimborso in sé ad essere penalizzante per gli azionisti della compagnia. In ogni caso questa vicenda dimostra che non sempre si riesce a farla franca.

Tobia De Stefano