Oggi n. 4-2004 datato 21-1-2004, uscito il 14-1-2004, p. 98


Obbligazioni per non rischiare, consigli per non rovinarsi

Chi non si accontenta di battere l'inflazione, dovrà fare un po' di fatica e comprare decine di titoli diversi tra loro.

di Beppe Scienza
Non ci si può fidare più di nessuno e non resta che tenere i soldi sul conto corrente? Questa è la domanda che molti si pongono, spaventati prima dall'Argentina, poi dalla Cirio, ora dalla Parmalat. Non pochi risparmiatori si ritrovano con obbligazioni che non pagano più interessi e il cui capitale, in gran parte o in tutto, è andato in fumo.
In banca colgono la palla al balzo per proporre gestioni e fondi comuni, da cui invece conviene stare alla larga perché i pericoli che si corrono sono semmai maggiori.

Dormire sonni tranquilli. Ma con qualche accortezza. Anzi, come consigliavano gli antichi greci, conviene innanzi tutto conoscere se stessi. Se infatti ci s'accontenta di rendimenti normali, che attualmente sono bassini, esistono soluzioni che permettono di dormire sonni tranquilli. Sono i titoli indicizzati all'inflazione emessi dalla Repubblica Italiana, Francese o Greca (vedi box). Oltre a coprire la perdita di potere d'acquisto dovuta all'aumento medio dei prezzi, fruttano in più circa l'1% all’anno (in termini nominali il loro rendimento si situa sul 3,6%, al netto delle imposte).
Da evitare invece le obbligazioni, apparentemente simili, proposte dalle banche italiane, peggiori e più pericolose.

Guadagnare di più. Però c'è anche chi vuole ottenere di più e allora c'è davvero l'imbarazzo della scelta. Esistono infatti obbligazioni della Fiat che rendono il 6,5% e sopra il 6% (sempre netto) ci sono titoli della Goodyear come pure della Russia, le Colt Telecom, i prestiti della Turchia ecc. Altri esempi si trovano sui quotidiani economici o nella mia pagina di Internet all'Università di Torino (www.beppescienza.it), liberamente consultabile.

Non fidarsi degli esperti. Avventurandosi in questo terreno, un risparmiatore vorrebbe però non incappare in casi come, appunto, la Parmalat. Peccato che non esistano ricette collaudate a tal fine. Non è neppure vero che le emissioni che rendono di più siano sempre le più rischiose. Sei mesi fa le obbligazioni Fiat rendevano più delle Parmalat, eppure ora le prime godono buona salute mentre le seconde sono collassate. I titoli di stato rendono più dei certificati di deposito bancari, che invece sono più pericolosi.
Anche il cosiddetto rating, che sarebbe un giudizio qualificato sui rischi di un'obbligazione, serve a poco come s'è visto con la Parmalat. Analogamente lasciano il tempo che trovano valutazioni come il cosiddetto kilovar o quelle di Patti Chiari.

Diversificare. In compenso mantiene piena validità la più tradizionale delle strategie difensive. Ovvero quella classica di suddividere il proprio portafoglio fra le obbligazioni di emittenti diversi, non collegati l'uno all'altro. Quindi mettere al massimo il 2-3% in titoli di una stessa società (Fiat, Pirelli, Goodyear ecc.) o stato (Turchia, Brasile, Russia ecc.). Tutto questo è scomodo? Certo che è scomodo, ma ci vorrà ben un po' di fatica per ottenere risultati fuori del comune!