Giornale dei lavoratori on line
Economia e Lavoro

Più controlli e maggiori tutele per i risparmiatori-utenti

Le Associazioni ACU e CUB per una riforma del sistema del credito

di Riccardo Graziano - 31-03-2004

I recenti crack finanziari registrati in Italia hanno colpito un numero piuttosto elevato di risparmiatori, suscitando polemiche ed evidenziando una serie di problematiche relative alla gestione del risparmio stesso e più in generale dell’economia, della finanza e dei relativi controlli.
Per discutere di questo argomento che tocca le tasche di molti di noi, si è tenuto a Milano un convegno patrocinato dall’ACU (Associazione Consumatori Utenti) e dalla CUB (Confederazione Unitaria di Base), presieduto da Pier Giorgio Tiboni, coordinatore nazionale di quest’ultima, con la partecipazione di docenti universitari ed esperti del settore.

Gli attuali problemi dell’economia e del risparmio derivano anzitutto – come ha ricordato Andrea Greco, giornalista finanziario - dall’eccessiva finanziarizzazione dei mercati, dalla concentrazione sempre più accentuata di gruppi economici multinazionali e dal contestuale abbassamento dei livelli di controllo. Ciò ha reso possibili movimenti incontrollati di capitali e mercati, alla base di fenomeni quali la bolla speculativa della new economy di pochi anni fa, o l’attuale crollo dei bond, strumenti di investimento obbligazionari un tempo giudicati estremamente affidabili.
Greco, simpatizzante di Attac Italia, organizzazione antagonista che si batte contro le politiche economiche neo-liberiste dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) e dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale), individua alcune possibili linee d’intervento: a livello globale con l’abrogazione almeno parziale dei privilegi dei paradisi fiscali e l’introduzione della Tobin Tax, tesa a colpire i movimenti di capitali con intenti speculativi, e a livello nazionale con una profonda riforma del sistema creditizio, anche col potenziamento della finanza etica grazie ad una legislazione ad hoc, in ambito di previdenza integrativa e con incentivi fiscali.

Sulla necessità di regole precise ha insistito anche Federico Merola, docente di statistica economica all’università di Viterbo con esperienza manageriale in banche d’affari e SGR (Società di Gestione del Risparmio). Attualmente vi è infatti un’eccessiva commistione di interessi fra istituti di credito, società di revisione dei bilanci e operatori del risparmio gestito (fondi d’investimento), nonché fra le stesse banche e il comparto industriale (si pensi a quanti imprenditori hanno uomini nei Consigli di Amministrazione del settore del Credito e viceversa). Questo porta a inevitabili conflitti d’interesse, diminuzione dei livelli di controllo e inevitabili squilibri dei mercati e dei meccanismi di concorrenza a favore di operatori più spregiudicati e meno trasparenti. Ad esempio, si rischia di finanziare le imprese non in base alla loro validità in termini di produttività e reddito, bensì per i loro legami con le realtà finanziarie preposte ad erogare il credito. E’ evidente che in tale situazione le eventuali responsabilità vanno cercate ai vertici del sistema, non certo a livello degli operatori incaricati della consulenza ai risparmiatori, che ricevono le direttive dall’alto senza possibilità di controllo sulle politiche finanziarie dei rispettivi gruppi di appartenenza.
Proprio contro le banche punta l’indice accusatore Beppe Scienza, docente di matematica finanziaria all’università di Torino nonché autore de “Il risparmio tradito”. Secondo i dati da lui forniti (a volte in aperto contrasto con quelli di altri esperti), il problema non è solo circoscritto agli ultimi ed eclatanti casi di rovesci finanziari, ma più in generale all’intero settore del risparmio gestito.
Secondo Scienza, a partire dal 1984, anno di creazione dei primi fondi di investimento, questi ultimi hanno sempre reso meno dei rispettivi mercati di riferimento, sia in campo obbligazionario (dove la resa è stata inferiore alla media fra il tasso fisso dei BTP e quello variabile dei CCT) che in quello azionario, dove la rivalutazione risulta quasi dimezzata rispetto a quella dei listini dove i fondi rispettivamente operano. Un fatto che l’accademico imputa a qualcosa che va al di là della semplice incompetenza (per altro esecrabile) o della sfortuna, per sconfinare nella deliberata malafede. A supporto di ciò cita casi concreti sui quali è intervenuta la stessa Consob, la società che controlla l’operatività borsistica italiana. La sua conclusione è draconiana: qualsiasi proposta di investimento da parte delle banche è fatta solo nell’interesse di queste ultime, per cui è da rifiutare, privilegiando invece il fai-da-te.
Un consiglio difficilmente praticabile dalla maggior parte dei risparmiatori, che non essendo in genere docenti universitari di economia non hanno la stessa dimestichezza e gli stessi strumenti a disposizione dell’accademico. Proprio per questo, i loro interessi devono essere tutelati: dalle banche in primo luogo, e in seconda battuta dalla Banca d’Italia, che è, o dovrebbe essere, l’organismo di controllo del loro operato. Ma lo stesso Scienza e Pino D’Ippolito, della Presidenza nazionale dell’ACU, hanno ricordato che, mentre le altre banche centrali (come la Federal Reserve americana) sono in genere di proprietà esclusiva o prevalente del Tesoro o dello Stato, la nostra Banca d’Italia è una SPA le cui azioni sono detenute esclusivamente da banche e assicurazioni, cioè dalle stesse realtà su cui dovrebbe vigilare: un controsenso abbastanza evidente, specialmente se si tiene conto che i tre maggiori gruppi creditizi italiani (Intesa, SanpaoloIMI e Capitalia) detengono da soli la maggioranza assoluta.
Ecco allora crescere il ruolo delle associazioni di difesa dei consumatori: come ha ricordato D’Ippolito, mentre sulle merci acquistate c’è sempre una garanzia che tutela l’acquirente anche a distanza di un certo tempo, questo non vale per i prodotti del risparmio, cosa assai preoccupante in un ambito dove la maggior truffa finanziaria italiana è stata perpetrata con l’ausilio di documenti fasulli riprodotti artigianalmente, la creazione di decine di società off-shore intestate a prestanome e giri vorticosi di capitali sui paradisi fiscali, senza che le banche creditrici sollevassero la benché minima eccezione o sospetto, nonostante le enormi richieste di affidamento fossero pari a delle millantate liquidità.

Facendo leva su questa responsabilità oggettiva degli Istituti di credito, l’ACU è riuscita ad ottenerne l’ascolto, giungendo ad un primo risultato con la firma di un accordo con BancaIntesa per negoziare il rimborso dei risparmiatori colpiti, fra i quali si è riusciti a far rientrare gli stessi operatori bancari, in un primo momento esclusi in quanto teoricamente consapevoli della rischiosità dell’investimento. Il riconoscimento dei diritti di questi ultimi ne evidenzia quindi anche la buona fede al momento dei suggerimenti di investimento proposti ai relativi clienti. Sottolineando la loro difesa disinteressata dei risparmiatori, l’ACU e la CUB concludono cercando adesioni fra questi ultimi per poter presentare le loro rivendicazioni in maniera il più possibile consensuale e rappresentativa