Nella puntata di Matrix del 23-1-2006, condotta da Enrico Mentana su Canale 5, l’Associazione bancaria italiana (ABI) ha cercato di difendere le banche dall’accusa che gli avevo rivolto di danneggiare costantemente i loro clienti coi prodotti del risparmio gestito (si vedano i miei libri e miei articoli, in gran parte riportati nelle mie pagine web, oltre che la ricerca annuale dell’ufficio studi di Mediobanca sui fondi comuni e le sicav italiani).
Verso la fine della trasmissione il dirigente centrale dell’ABI Enrico Granata ha infatti testualmente affermato che “il rendimento delle gestioni dei fondi comuni d'investimento ad esempio negli ultimi 14 anni è stato mediamente leggermente inferiore a quello dei Bot però superiore a quello dei Btp, superiore a quello del comparto obbligazionario, a quello azionario...”, il che m’ha fatto esclamare “Completamente falso”.
Non solo infatti mi ricordavo il contrario sulla base di tutti i confronti da me elaborati e pubblicati, ma bastava un minimo di competenza in materia, di cui evidentemente all'ABI sono carenti, per rendersi conto che tale affermazione conteneva una castroneria gigantesca. Come potevano i fondi comuni avere reso meno dei Bot ma più dei Btp? In un intervallo temporale quale il 1992-2005, in cui i tassi d’interesse sono fortemente scesi, è ovvio che titoli lunghi quali i Btp abbiano reso molto più dei Bot.
In effetti i fondi comuni d'investimento nel loro complesso hanno pure reso meno del mercato obbligazionario in generale, come è provato dal seguente raffronto anche coi Cct, e meno della Borsa italiana.
Risultati medi negli ultimi 14 anni (1992-2005), con reinvestimento dei proventi e sempre al netto d’imposta. |
100 euro inizialmente investiti sono diventati… | |
Fondi comuni (indice generale) |
201,4 |
Bot (Buoni Ordinari del Tesoro) ) |
210,8 |
Btp (Buoni del Tesoro Poliennali) |
313,3 |
Cct (Certificati di Credito del Tesoro) |
230,8 |
Azioni italiane |
499,3 |
Alla luce di tali confronti, che nella sostanza non cambiano anche prendendo in esame altri periodi, il fallimento del risparmio gestito appare in tutta la sua gravità. Ciononostante Enrico Granata ha avuto la faccia tosta di concludere il suo intervento con le seguenti parole: “...quindi io contesto assolutamente quello che dice il professor Scienza e lo prego di fare informazione e non disinformazione”. Come mostrano i numeri riportati è semmai l’ABI che fornisce dati macroscopicamente sbagliati. Sbagliati ma utili a nascondere che le banche italiane sono bravissime a sbolognare ai risparmiatori loro clienti prodotti di seconda, terza e anche infima scelta.
Aggiungerò che lo stesso Enrico Granata dell’ABI ha pubblicamente affermato nel corso della Tavola Rotonda “Banche e risparmiatori: i conflitti d’interesse, il rapporto coi consumatori, la finanza etica”, organizzata il 16-1-2006 a Firenze dalla Fisac-Cgil con la partecipazione anche di Paolo Mottura (Università Boccconi) e Rosario Trefiletti (Federconsumatori), che l’ABI intende confrontarsi con le mie accuse al risparmio gestito. Ovviamente io sono disponibile, convinto per altro che l’ultima cosa che l’ABI ha davvero intenzione di fare è favorire un tale dibattito, con me oppure con l’ufficio studi di Mediobanca. Infatti da un dibattito su tali tematiche i risparmiatori italiani avrebbero tutto da guadagnare, le banche italiane solo da rimetterci.
Fonti dei dati della tabella: Rispettivamente per i 5 dati: Indici
generali dei fondi comuni Fideuram, Banca d’Italia, Banca d’Italia
e poi MTS spa (per Btp e Cct), indice Mediobanca MTA total return per il 1996-2005
e, fin quando non disponibile, indice Comit performance.