Il Mattino Sabato 8 Settembre 2001, pag. 3

È un errore comprare un titolo solo perché è sceso.
Meglio evitare le speculazioni, illudendosi di saperne più degli altri.

di BEPPE SCIENZA (*)

Cosa fare in momenti come questi? Cioè quando i prezzi delle azioni (e soprattutto delle proprie azioni) sembrano sprofondare senza freno? Per cominciare bisogna sapere cosa non fare. Nell'ambito degli investimenti una delle cose più importanti è imparare a evitare una serie d'errori, che spesso si commettono soprattutto perché mal consigliati. Una delle prime cose da non fare è parlare della Borsa coi verbi al tempo presente. Non è vero che la Borsa scende (o sale). Non è come una corrente marina che scorre in una certa direzione. È vero che in un certo periodo, e magari fino a questo momento, la Borsa è scesa. Ma non c'è nessuna forma di inerzia, né in una direzione né nell'altra. In ogni momento tutto può cambiare: una cosa è che la Borsa sia scesa. Altra cosa, totalmente incerta, è che scenderà da questo momento in poi.

Cosa deve fare allora un normale risparmiatore, che mira a impiegare i soldi che ha da parte e non a cercare il brivido della speculazione finanziaria? La cosa migliore è stabilire che quota mettere in azioni (per esempio il 20%) e poi stare fermi, sia che la Borsa salga sia che scenda. È infatti ragionevole ripartire il proprio patrimonio fra immobili, reddito fisso e azioni. Mentre è irragionevole illudersi di essere più bravi degli altri.

In ogni caso è sbagliato credere che convenga comprare un titolo perché è sceso molto. Tutte le società che sono fallite, prima sono scese molto. Poi sono scese ancora. E infine sono arrivate a zero. Un'azione si comprerà o venderà solo pensando alle sue prospettive future. Da questa osservazione, apparentemente pacifica, discendono alcune conseguenze non ovvie. Come la tesi che in caso di perdite convenga, come suol dirsi, mediare i prezzi di carico comprando altri titoli oltre a quelli posseduti. Questa è un baggianata colossale perchè per il futuro le prospettive non migliorano per il semplice fatto di aver ridotto i costi medi. Se si raddoppia l'investimento si raddoppiano i possibili guadagni e le possibili perdite.

E per i fondi comuni? È vero che, essendo un investimento a lungo termine, in casi come questi bisogna tenere duro? No, è vero semmai il contrario. I fondi comuni, e soprattutto quelli rifilati ai risparmiatori italiani dalle banche e dai venditori porta a porta, sono gestiti in maniera così penosa che ogni occasione è buona per scappare via. Ci sono alcune eccezioni, ma sono pochissime.

Bene quindi uscire dai fondi comuni, anche e forse soprattutto da quelli obbligazionari. Bene uscire dalle gestioni patrimoniali, in fondi o non in fondi. Facendo da sé si ottiene generalmente di più e si evitano rischi che corre chi invece si affida al risparmio gestito. Inoltre, ultimo consiglio, non dare nessuna retta a cosa dicono gli impiegati di banca. I bancari sono stati trasformati, anche loro malgrado, in un esercito di venditori aizzati ogni giorno a piazzare il più possibile di fondi comuni, gestioni, obbligazioni strutturate e altre prelibatezze simili. Spinti a venderle e caricati di soldi se riescono a rifilarne abbastanza ai loro malcapitati clienti.

(*) matematico dell’Università di Torino, quest’anno ha pubblicato il manuale «Il risparmio tradito»