Risparmiatori in guardia. A proteggere i vostri
soldi non basterà certo una legge, ammesso che questa venga
approvata in tempi stretti e che l’idealismo dei suoi contenuti non
venga limitato o stravolto da pressioni lobbistiche e politiche. Ne
sono convinti i relatori intervenuti ieri alla Camera di commercio nel
corso di un convegno organizzato dal Movimento consumatori e dedicato
ai servizi di investimento e alla tutela del risparmio nella giungla
del risparmio gestito, dalle banche e dalle sgr.
Nei giorni dell’inizio del cammino parlamentare della legge sulla tutela del risparmio, a Verona si è tornati dunque a parlare di denaro, quello dei risparmiatori, mai come negli ultimi anni oggetto di scandali, truffe e vessazioni di ogni tipo. Tra i relatori c’era anche il professor Beppe Scienza, docente di matematica all’Università di Torino e tra i grandi oppositori alle molteplici formule previdenziali proposte dalle banche e dalle assicurazioni, autore fra l’altro di «Il risparmio tradito» e di «Fondi, polizze e Parmalet. Chi è peggio?» Titoli che non lasciano certo dubbi sul suo atteggiamento nei confronti dei gestori del risparmio.
A sentirlo il professor Scienza è un
personaggio. Ne ha per tutti. «Cari avvocati», ha detto
rivolgendosi alla platea, «se avete la possibilità di
intentare cause alle banche e alle assicurazioni per truffa ai danni
dei loro assistiti fatelo adesso, subito. Tanto lavoro come oggi non vi
capiterà mai più. Il crac dell’Argentina, per quanto
grosso possa sembrare, non è che un colpo di vento rispetto alla
bufera che coinvolge ogni anno i nostri soldi. Non dimentichiamo che
fondi comuni, gestioni e previdenza integrativa causano a quasi 10
milioni di risparmiatori italiani danni per oltre 20 miliardi di euro
all’anno; i 7-8 miliardi di euro andati in fumo del caso Argentina,
senza contare i vari scandali Parmalat, Cirio e My Way e 4 You non sono
che la punta di un iceberg».
E la legge? «L’attuale normativa italiana
è tale da permettere di causare impunemente danni anche maggiori
ai propri clienti», ha sentenziato Scienza aggiungendo: «di
regola, ogni proposta delle banche e dei promotori finanziari sarebbe
da rifiutare. Mi riferisco alle obbligazioni bancarie non quotate, alle
formule obbligazionarie index e unit linked, alle polizze rivalutabili,
ai fondi comuni e alle gestioni patrimoniali. Queste ultime, in
particolare, non sono più gestioni di titoli bensì di
fondi e con trasparenza quasi zero. Perchè al posto di un Bot o
di Un Btp fanno di tutto per venderci prodotti alternativi?
Perchè ci guadagnano di più, è chiaro. Ma
dall’altra parte a perderci è il risparmiatore».
A conferma delle proprie convinzioni Scienza ha
portato alcuni esempi, come quello di una somma di 100 mila euro
investita nel 1984 in Btp che alla fine del 1998, 15 anni dopo,
è cresciuta fino a 474 mila euro, rendendo in media l’11,8%
all’anno. La performance dei fondi è stata invece molto
più bassa, dal momento che quei 100 mila euro investiti in fondi
azionari sono diventati appena 384 mila, con una rendita del 10,1%
annuo. Non è andata meglio con i fondi azionari: se 100 mila
euro investiti dal 1991 al 2004 sulla base del paniere Eurostoxx 50
sono diventati 513 mila, con una performance del 13,4%, 100 mila euro
investiti in fondi azionari italiani sono diventati appena 284 mila,
con una performance di appena l’8,4%. «Dunque, per dirla con uno
slogan, il risparmio gestito è come una medicina che nella
maggior parte dei casi fa stare peggio» ha concluso.
Su quanto si sta facendo per rendere più
trasparente la gestione del risparmio è intervenuto poi il
professor Sabino Fortunato, per altro scettico sui reali miglioramenti
che la legge sulla tutela del risparmio andrà ad apportare.
«Credo che in materia di autonomia statutaria le cose cambieranno
poco», ha osservato. «Resteranno poi troppi controllori,
dalla Banca d’Italia all’Amef, la cosiddetta Superconsob, passando per
l’Isvap, per la Covip e per l’Antitrust. Non si è riusciti
insomma a creare un corpo unico di controllori, con competenze che
resteranno così troppo frammentate. In tale direzione occorreva
più coraggio».
Gli interventi di Barbara Petrazzini e di Eugenio
Dalmotto dell’Università di Torino hanno concluso l’incontro.
Alessandro Azzoni