La Padania 4-1-2004 p. 6

«Non perdete fiducia nelle obbligazioni»

intervista a Beppe Scienza

Sul disastro delle obbligazioni Cirio e Parmalat abbiamo sentito Beppe Scienza, docente di matematica finanziaria all'Università di Torino e autore de "Il risparmio tradito", noto pamphlet contro banche e compagnie d'assicurazione. In particolare abbiamo voluto chiedergli quali indicazioni operative si possono trarre da cosa è capitato.

Professore, non crede, alla luce degli ultimi avvenimenti, che i risparmiatori debbano essere più prudenti?

"Sì e no, perchè la vicenda Parmalat è davvero atipica e di per sé non implica grandi cambiamenti in quella che è una saggia strategia d'investimento per il reddito fisso."

Quindi lei assolve l'operato degli organi di controllo?

"Non dico questo. Il crac Parmalat dimostra l'inadeguatezza, anzi il fallimento, di tutto un sistema di controlli che va dai sindaci delle società per azioni fino alla Banca d'Italia. Resta però vero che rischi di eventi imprevedibili sono insiti in tutti gl'investimenti".

Dunque secondo lei i pericoli per i risparmiatori non sono aumentati?

"In realtà sono maggiori, ma solo perché banche e venditori porta a porta fanno i furbi e speculano sui casi Argentina, Ciro e Parmalat a fine di convincere i clienti a dargli i propri soldi in gestione… e abbonarsi così a perdite continue."

Ma perché non sarebbe una buona soluzione? I gestori dei fondi dicono che non avevano obbligazioni Parmalat?"

"Questa è una delle tante frottole che raccontano molte società di gestioni e ripetono come pappagalli tanti giornalisti economici al loro servizio. È ovvio che anche loro avevano obbligazioni Parmalat, come tanti risparmiatori italiani e non solo italiani. Purtroppo i fondi comuni sono strumenti non trasparenti, i cui portafogli sono tenuti nascosti ai loro stessi clienti e ciò facilita le menzogne spudorate".

Però lei dice che non è il caso di stare più attenti, dopo quanto è capitato, nei confronti delle obbligazioni societarie, le cosiddette "corporate"?

"I rischi d'insolvenza erano nascosti in molti titoli già prima di metà novembre, quando le quotazioni delle Parmalat sono cominciate a franare. Già precedentemente il rating era una valutazione burocratica, spesso inutile e a volte ingannevole. Il problema è semmai un altro.

E qual è?

"È l'opportunità di suddividere i propri investimenti obbligazionari fra molti titoli, non tenendo più del 2-3% in una stessa società, più o meno a rischio. Purtroppo molti non l’hanno fatto".

Sono cioè stati imprudenti, magari perché accecati dal miraggio degli altri rendimenti?

"Ma no, in genere sono stati mal consigliati. Conosco parecchi casi di neo-pensionati che hanno messo tutta la liquidazione nell'Argentina o nella Cirio, perché questo gli è stato proposto dallo sportellista della loro banca"

Ma lei, professor Scienza, aveva previsto cosa sarebbe capitato?

"Assolutamente no: come avrei potuto? Anzi, io stesso avevo una piccola percentuale, meno del 3%, di Parmalat. Ciò nonostante da inizio anno il mio portafoglio obbligazionario ha reso più del 10%."

Ma com'è possibile, coi Bot che fruttano meno del 2% netto?

"È possibile, perchè le Parmalat sono ignominiosamente crollate, ma altre obbligazioni hanno reso tanto o addirittura tantissimo. Potrei elencarne parecchie, mi limiterò a citarne un paio fra quelle che ho pubblicamente segnalato su Internet nella mia pagina web al Dipartimento di Matematica dell'Università di Torino (www.beppescienza.it). Sono le France Télécom 4% e un'emissione della Good Year, quella dei pneumatici, con performance annue nell'ordine del 15-25%!"

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