Libero 25-5-2003 p. 17

Fondo che perde cambia nome

di Beppe Scienza

I pessimisti dicono che al peggio non c'è limite. Forse hanno in mente i disastri prodotti in Italia dal risparmio gestito, di cui se ne scopre sempre qualcuno di nuovo. Prendiamo infatti un caso recente: quei due famigerati prodotti finanziari del Monte dei Paschi di Siena, che rispondono agli accattivanti nomi di "4 You" e "My Way" e su cui Libero ha riferito più volte. Sono formule bislacche, che hanno condotto oltre 90.000 risparmiatori a indebitarsi per acquistare quote di un fondo comune e un’obbligazione non quotata.

Al riguardo si potrebbe anche aprire una parentesi sui soliti dissidi fra i numerosi difensori dei consumatori. Mentre alcuni hanno accettato un compromesso penoso, altri come i responsabili dell’Aduc o il battagliero Antonio Tanza dell’Adusbef, non intendono transigere.

Ma non di questo vogliamo parlare, bensì del fondo comune sottoscritto da alcuni di quei risparmiatori e anche da parecchi altri. A causa infatti di uno dei soliti cambiamenti di nome, quasi nessuno s’è accorto che si tratta dell’attuale Ducato Geo Europa Alto Potenziale, appunto del Monte dei Paschi. Tale fondo si rivolgeva, nel 2000, a chi voleva puntare sulla Nuova Economia. Certo che, soprattutto col senno del poi, possiamo dire che i rischi erano notevoli. Qual era però lo scenario più fosco per chi acquistava titoli telefonici, telematici, di Internet ecc.? Il fallimento di tutte le società di cui comprava azioni. Ebbene, con Spazio Europa Nuovo Mercato – allora si chiamava così - è andata perfino peggio.

Cosa capiterebbe infatti a un fondo comune i cui titoli finissero tutti per non valere più nulla? La sua quota non scenderebbe a zero, grazie al particolare regime fiscale del risparmio gestito. In virtù del credito d'imposta del 12,5%, la perdita sarebbe solo dell'87,5%.

Ebbene, a fine febbraio 2000 la quota del fondo valeva 9,707 euro (e fra l’altro non si era neppure ai massimi delle quotazioni). Dopo tre anni 1,004 euro con un ammirevole -89,7%. In lettere "meno ottantanove virgola sette per cento", pregevole risultato della gestione professionale del risparmio.

Com’è possibile? Persino l'ipotetico azzerarsi di tutte le azioni in portafoglio, che comunque non s'è verificato, di per sé avrebbe portato la quota a 1,213 euro. Non sotto.

Già, ma in un fondo può arrivare denaro fresco e il gestore può investire male anche quello. Così la distruzione di ricchezza prosegue. Inoltre esistono meccanismi di commissioni congegnati al fine di prelevare denaro quando i titoli momentaneamente salgono, senza rimetterne quando scendono. Non diamo quindi alle Borse la colpa di perdite simili. Basti dire che copiando pedissequamente l’andamento del mercato tecnologico americano (Nasdaq) un gestore avrebbe comunque salvato un terzo della somma iniziale. Che fa già una bella differenza rispetto anche ad altri fondi, come ING Internet, che con un meno 86% fa lo stesso spavento (vedi tabella in Excel).

Per altro il discorso è generale, perché il caso esaminato è estremo ma emblematico. Praticamente tutta l'industria del risparmio gestito è strutturata in modo da addebitare ogni sorta di costi ai clienti, producendo risultati inferiori a quelli che ottiene (con meno rischi!) chi fa da solo.