Oggi n. 4-2003 datato 22-1-2003, uscito il 15-1-2003, p. 8

Inflazione: perché i dati Istat ed Eurispes sono così diversi?

Che bailamme  stabilire qual è il reale aumento del costo della vita! L'Istat dà una cifra, bassa, ma altri istituti specilaizzati e autorevoli danno numeri diversi, più alti. Come fare a raccapezzarsi? Chi ha ragione? C'è un modello all'estero che può aiutarci a trovare un metodo migliore?

Risponde Beppe Scienza, matematico, università di Torino

L'Istat dice 2,7 per cento, l'Ires-Cgil 4,9 e l'Eurispes azzarda un 13 per cento, anche se su basi diverse. Ma insomma qual è davvero l'inflazione in Italia? In realtà il problema è sempre lo stesso. Fare la media in certi casi va bene, in certi altri no.

Infatti può capitare benissimo che diminuiscano i prezzi di barche a vela, auto sportive, tartufi, champagne e così via, alleggerendo il bilancio di chi spende e spande. Contemporaneamente possono però aumentare ticket sanitari, mense scolastiche o le tariffe agevolate di luce, acqua e gas. Cosa che peserebbe in maniera sensibile solo sui redditi bassi.

Ma anche se la vita non rincara per tutti nella stessa misura, l'Istat pubblica un unico dato per l'inflazione. Urgono quindi misurazioni più accurate. Fra l'altro basterebbe seguire lo schema adottato in Germania, distinguendo fra famiglie con redditi alti, medi e bassi. Così per esempio a metà 1998 veniva fuori che l'inflazione tedesca era dell'1% per dirigenti e funzionari e invece più che doppia (2,3%) per i pensionati.

Anche in Italia è ora che si disponga di dati certi su cui ragionare, dati che - se vuole - può benissimo calcolare l'Istat. Toccherà comunque poi ad altri tranne le opportune conseguenze, qualora risultasse che per i ceti meno abbienti la vita è salita ben più del 2,8% "ufficiale": ai politici, ai sindacalisti e ovviamente ai cittadini stessi.