la Repubblica - Affari & Finanza, 3-3-2003, p. 9

Con questi gestori il risparmio è davvero tradito.

Intervista di Vittoria Puledda a Beppe Scienza


"Mi sembra giusto ristabilire la realtà delle cose: checchè ne dicano i vari Cammarano, il risparmio gestito è riuscito a produrre disastri anche maggiori di quelli del cosiddetto fai-da-te. I dati sui fondi peggiori sono lì a dimostrarlo: contando anche il credito di imposta, in alcuni casi le perdite sono state superiori al 100% del portafoglio". Beppe Scienza, docente di Matematica finanziaria all’Università di Torino ma soprattutto noto per il suo pamphlet contro fondi e assicurazioni ("Il risparmio tradito", edito dalla Libreria Cortina Torino), come al solito spara a zero sui gestori. E lo fa con dati alla mano.

Non le sembra di esagerare?

"Prendiamo uno delle scelte più infelici degli ultimi anni, cioè le obbligazioni argentine. Fino a oggi chi le ha comprate nel 2000 ha subito perdite nell’ordine del 65%, e meno se le ha acquistate prima, grazie alle cedole pagate fino all’estate del 2001. Basta guardare cos’hanno combinato alcuni fondi, riportati nella tabella, per accorgersi che hanno fatto peggio".

L’obiezione è facile: quelli sono i fondi peggiori del sistema, ma ce ne sono molti altri e un risparmiatore normalmente non aveva solo quelli.

"E io le rispondo: chi è che ha comprato solo obbligazioni argentine? La verità è che il risparmio gestito è come una medicina che nella maggior parte dei casi fa star peggio chi la prende".

Però, a parte rari casi, c’è una gestione professionale a monte, che fa evitare i rischi peggiori.

"Io direi il contrario: con i fondi comuni un risparmiatore corre rischi che evita facendo da sé".

Quali?

"Per esempio, la movimentazione forsennata del portafoglio, le malversazioni sullo stile della Sanpaolo-Imi con suoi fondi azionari, i cambiamenti non voluti di gestione. Quest’ultimo aspetto è particolarmente grave con i piani di accumulo di capitale (pac): uno sottoscrive un fondo che inizialmente è un azionario specializzato, ma poi cambia lo statuto e si ritrova con uno bilanciato e dopo magari il suo fondo muta ancora pelle. Allora, quanto vale la scelta iniziale? Chi fa da sé non incorre in nessuno di questi rischi".

Però, salvo sia particolarmente sfortunato, nel medio periodo guadagna di più.

"Benissimo: le sembra che sette anni siano un periodo abbastanza lungo? Allora confrontiamo l’indice Mediobanca total return (che cioè include anche i dividendi) con i fondi specializzati in azioni italiane da fine ’95 a fine 2002. Ebbene, l’indice Mediobanca evidenzia un incremento annuo medio dell’11,6% contro il 9,7% dei fondi comuni, sempre al netto delle imposte. E badi bene, senza considerare le commissioni d’ingresso dei fondi comuni, mediamente più alte di quelle per l’acquisto di azioni".

Questo in Italia. E all’estero?

"Ho fatto raffronti analoghi per gli Stati Uniti con l’indice S&P 500 e per l’Europa con il Dj Eurostoxx 50, sempre tenendo dei dividendi e dei cambi. Ebbene, i fondi specializzati sull’America hanno reso il 4,7% composto annuo e l’indice il 9,5. Significa che i fondi Usa hanno reso la metà dell’indice o, se preferisce, l’4,8% in meno ogni anno! In Europa invece le Borse hanno guadagnato il 7,9% annuo, più del doppio del 3,4 ottenuto dai fondi comuni".

Però è quasi impossibile, per un privato, comprare un intero indice azionario.

"D’accordo, ma facendo da soli il più delle volte si ottiene più che coi fondi comuni. Inoltre resta vero che i gestori mediamente fanno peggio dei mercati in cui investono".

Perché? Davvero i gestori non sanno fare il loro mestiere?

"Sicuramente valgono poco, ma il problema è strutturale. Il risparmio gestito è un sistema parassitario dai costi infiniti: provvigioni su ingressi, uscite e switch, commissioni di gestione, commissioni di performance, spese aggiuntive sulle Gpf ecc. Insomma, le hanno pensato tutte per spremere i clienti come limoni".