Da "Il risparmio tradito" di Beppe Scienza,
Edizioni Libreria Cortina Torino, pp. 167-176

Appendice n.1

Stupidario del Sole 24 Ore

Le pagine seguenti riportano solo un piccolo florilegio di quello stupidario del Sole 24 Ore che varrebbe la pena di scrivere per intero, non fosse che occuperebbe migliaia di pagine. Sgombriamo però il campo a un possibile equivoco, per chi iniziasse a leggere proprio da qui: le altre testate non sono mica immuni da magagne. Anzi, alcune sono miniere a cielo aperto per raccogliere strafalcioni. Ma il fatto che ce ne siano così tanti sul "mostro sacro" del giornalismo economico italiano è significativo. Come dire: l’esempio viene dall’alto.

1. Assurdità sui titoli di stato

Merita risalire indietro nel tempo, per notare come errori e inefficienze non siano un fenomeno recente per il Sole 24 Ore. Così il 9-10-1985 un lettore si lamenta del fatto che la sua banca non gli ha accreditato puntualmente gli interessi dei Cct e ha addossato la colpa alla Banca d’Italia, che glieli avrebbe a sua volta pagati in ritardo. Tale giustificazione era stata inventata dalla banca per coprire le proprie inefficienze. Per i titoli di stato un tale ritardo sarebbe un fatto gravissimo che andrebbe (e sarebbe andato) sulle prime pagine dei giornali economici di mezzo mondo.

Ma chi risponde (Enrico Gianfelici) questo non lo dice e, anzi, scagiona la banca da ogni colpa. Scrive infatti che "la liquidazione degli interessi" da parte della Banca d’Italia "può comportare ritardi rispetto alla scadenza degli stessi". Addirittura sostiene che per i Cct, con i "rendimenti semestrali legati a quelli dei Bot, la determinazione e liquidazione degli interessi può comportare ritardi rispetto alla scadenza degli stessi".

Invece non è vero niente, perché il tasso delle cedole dei Cct è sempre stato noto prima della data di inizio godimento, ossia almeno 6 mesi prima della data di pagamento.

2. L’esperto risponde... e sbaglia

In tempi ben più recenti un lettore chiede delucidazioni su come vengano tassati i dividendi delle azioni tedesche. La risposta che riceve, pubblicata nell’inserto giust’appunto intitolato L’esperto risponde, è la seguente: nel caso della "imposizione sostitutiva da risparmio amministrato, a condizione che si tratti di dividendi relativi a partecipazioni non qualificate negoziate in mercati regolamentati, italiani o esteri, sarà possibile limitare il prelievo in Italia all’imposta sostitutiva del 12,5 per cento" (16-10-2000 p. 1802, a cura di Gianluca Cristofori).

Peccato che non sia così: i dividendi delle Deutsche Telekom, delle Siemens ecc. debbono invece essere inseriti nella propria dichiarazione dei redditi, perché per essi l’imposta del 12,5% non è sostitutiva, ma solo d’acconto. Non facendolo, di regola si commette un’evasione fiscale.

3. Affermazioni insostenibili sui "pronti contro termine"

Passati un po’ di moda, i cosiddetti pronti contro termine sono comunque una formula complicata che permette alle banche di finanziarsi relativamente a buon mercato. Sarebbe quindi il caso di smontarla spiegandone i difetti. Ecco invece un articolo molto elogiativo di Angelo Drusiani che arriva a dire che "l’impegno del venditore" – cioè della banca – "di riacquistare i titoli offre una garanzia di liquidità" (12-3-1990 p. 5).

Invece è vero l’esatto contrario. A differenza dei Bot, i pronti contro termine non sono affatto liberamente smobilizzabili prima della scadenza (e quindi non sono liquidi), perché in effetti già rivenduti alla banca.

4. Un’ottica strabica

Nell’ottobre scorso la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la norma per cui le banche accreditavano a fine anno gli interessi a favore dei clienti, addebitando invece a ogni fine di trimestre quelli a proprio favore (è il cosiddetto anatocismo). Ebbene, ecco qual è stato il titolo del servizio relativo: "Interessi, è scontro Abi-consumatori".

Ma perché il Sole 24 Ore presenta la questione in modo così riduttivo? Non si tratta mica di una polemica attizzata da qualche litigiosa associazione di consumatori. Lo scontro è semmai fra l’Abi (Associazione bancaria italiana) e le aziende, gli imprenditori, i commercianti ecc. Sono queste le categorie di persone che hanno più spesso il conto corrente in rosso. Non i privati.

5. Difesa a spada tratta delle polizze vita

Qual è l’aspetto più preoccupante di tutta la previdenza integrativa? Il rischio che l’inflazione distrugga il valore reale di rendite e capitali assicurati, disastro già verificatosi più volte nel passato.

Come fronteggiare tale pericolo? Il Sole 24 Ore lo risolve passandolo sotto silenzio e inneggiando alla sicurezza "di fruire di una rendita reale di 3 milioni al mese".Affermando cioè bellamente che le polizze di rendita differita "consentono di ottenere una rendita crescente (costante in termini reali) per tutta la vita". È ciò che scrivono Marco Liera ed Elisabetta Usuelli (6-11-1994 p. 17).
Peccato che nessuna compagnia d’assicurazioni offra una rendita costante in termini reali, cioè una rendita di cui sia garantito il potere d’acquisto.

Walter Riolfi e lo stesso Liera presentano poi tali polizze come "i prodotti più sicuri per chi desidera un reddito perpetuo", mentre l’abc delle assicurazioni insegna che esse non offrono rendite perpetue, ma solo vitalizie (24-9-1995 p. 17). Di nuovo abbiamo citato solo due articoli, ma affermazioni analoghe vengono ripetute a raffica dal giornale della Confindustria.

6. La quadratura del cerchio

I giornalisti del Sole 24 Ore si sono proprio innamorati delle assicurazioni sulla vita. Così leggiamo (7-6-1998 p. 27) che le polizze cosiddette index linked sono rivolte a chi "vuole garantirsi [...] rendimenti vicini a quelli di un investimento azionario senza però rischiare di perdere i propri risparmi".

Questa è la quadratura del cerchio! Anzi lo sarebbe, non fosse che di regola i rendimenti di tali formule sono invece sensibilmente inferiori a quelli di un investimento azionario.

7. Elogi esagerati

Spesso ci si imbatte in richiami alla previdenza integrativa usati a sproposito. Così è evidente che un normale titolo a tasso fisso non ha nulla di previdenziale, mancando ogni componente demografica (e quindi di mutualità). Basti dire che può sottoscriverlo anche una società che non può invece aderire per es. a un fondo pensione.

Ma ciò non trattiene Isabella Bufacchi dal presentare un’obbligazione 30-ennale senza cedole della Deutsche Bank – in pratica un Bot di durata molto più lunga – come "uno strumento in diretta concorrenza con fondi pensione e polizze vita" (12-9-1996 p. 24). Inoltre l’articolo contiene parecchie espressioni elogiative quali: "dopo una lunga gestazione", "effetto-rarità", "titolo altamente innovativo" (ehi calma, non è mica il primo zero-coupon bond della storia della finanza!), "la novità ha sempre un prezzo per il sottoscrittore" ecc.

8. Uno scoop: 1 diviso 5 uguale 1/5

Nel giugno del 2000 è iniziata la trattazione alla Borsa italiana di un nuovo contratto future sull’indice azionario Mib30 esattamente pari a 1/5 del contratto Fib30 e detto anche MiniFib (vedi a p.163). Ebbene, ecco come commenta la cosa il quotidiano della Confindustria: "Secondo alcuni operatori al costo inferiore corrispondono possibilità di guadagno pari a un quinto rispetto al Fib tradizionale" (13-6-2000 p. 31).

Ma questo non è il parere personale di "alcuni operatori". Questo è un’ovvietà anche per un bambino dell’elementari che abbia imparato che 1:5 è uguale a 1/5.

9. Le azioni: queste sconosciute

Dal quotidiano della Confindustria ci si aspetterebbe una certa dimestichezza col mercato azionario. Ecco invece cosa leggiamo nella rubrica "Denaro & Lettera" sulle azioni Cirio, quando valevano 0,22 euro (27-9-2000 p. 31, siglato R. Fi.):

"Le azioni sono tuttavia ancora molto lontane dai massimi raggiunti il 15 dello scorso mese di agosto a 0,562 euro." Ma come? Nove giorni prima erano state assegnate gratuitamente 4 azioni ogni 3. Quindi il prezzo di agosto andava rettificato e trasformato in 0,241 euro, non così distante dal prezzo del giorno prima.

Perché chi ha scritto l’articolo non ha tenuto conto dell’aumento di capitale? Eppure bastava dare un’occhiata al grafico pubblicato dallo stesso Sole 24 Ore (e che riproduciamo qui a lato) per accorgersi che non c’era stato nessun crollo.
Bastava infatti guardarlo per accorgersi che il massimo, da luglio, era stato di circa 0,25 euro e non di 0,562!

10. Errori a grappolo sui buoni postali

Un articolo di Christian Martino nelle pagine domenicali sul risparmio (13-9-1998 p. 18) mette a raffronto buoni postali e buoni del tesoro poliennali (Btp). La tesi di fondo non è sbagliata: effettivamente il risparmio postale non sfigura più rispetto ai titoli del Tesoro. Peccato che il confronto venga sviluppato commettendo una serie di errori.

Per cominciare i tassi lordi del momento erano al 4,45% e non al 5,906%: bastava sfogliare lo stesso Sole 24 Ore per accorgersene. Poi nessun Btp ha mai avuto cedole annue del 5,906% come riportato nella tabella. Inoltre viene ipotizzato di reinvestire gli interessi al lordo della ritenuta fiscale, cosa impossibile.

Per di più viene trascurata ogni ipotesi di forte risalita dei saggi d’interesse, quando il vantaggio dei buoni postali è proprio il diritto a ottenerne il rimborso anticipato con modeste penalizzazioni. Mentre coi Btp questo non è possibile e uno se li trova, in tali circostanze, fortemente deprezzati.

11. Un obbrobrio

Per quanto riguarda la cosiddetta duration o durata media finanziaria il Sole 24 Ore tratta i titoli indicizzati come se fossero a tasso fisso. Lo faceva negli anni ’80, negli anni ’90... e continua a farlo nel 2000. Purtroppo si tratta di un dato alquanto specialistico e sarebbe lungo esaminarlo in dettaglio. Ma che calcolarlo così sia un obbrobrio non è il parere solo dell’autore, ma anche dei più accreditati studiosi del settore1.

12. Errori belli e buoni

Non sarebbe però giusto lasciare a bocca asciutta chi, di gusti semplici, ama gli errori senza tanti fronzoli. Ecco allora Riccardo Sorrentino che sul Sole 24 Ore del 24-10-1993 scrive che "... nel 1984 il rendimento reale del debito pubblico italiano è sceso al –5,26 per cento".

Uno scoop? No, l’ennesimo sbaglio, perché in quell’anno i Cct resero invece mediamente +9,9%, i Btp +8,8% e i Bot +8,1%, sempre reale2. Per giunta l’errore, grazie al grafico che lo evidenziava, saltava agli occhi di chiunque avesse seguito le vicende finanziarie negli anni precedenti. È infatti arcinoto che in Italia i tassi reali sono stati sempre positivi dal 1982 in poi (vedi il grafico di p. 28).

Ma non c’è proprio nessuno in redazione che dia un’occhiata ad articoli e grafici, prima che vengano pubblicati? Così avrebbero evitato di scrivere che "la svalutazione della lira, invocata da più parti, rimane comunque molto improbabile", quando risaliva ormai a due giorni prima (Sole 24 Ore di lunedì, 14-9-1992 p. 37). Certo che ciò può essere dipeso dai tempi interni per la stampa del numero del lunedì, ma questa non è una giustificazione valida, perché anch’esso si presenta come il numero del quotidiano – e non di un settimanale – e quindi il lettore ha diritto a notizie aggiornate. Non sono mica in ritardo di 3-4 giorni il Corriere della Sera o la Repubblica del lunedì!

13. Definizioni sballate

Nella sezione domenicale "Risparmio & famiglia" c’è un piccolo glossario dei termini. Così leggiamo che "La polizza vita può essere di due tipi: a vita intera e temporanea" (19-12-1999 p. 18). Mentr’invece ci sono anche quelle miste, quelle per il caso di vita di rendita vitalizia, di capitale differito ecc., che per giunta sono proprio quelle che ora vanno per la maggiore.

Oltre tutto ai redattori del Sole 24 Ore sarebbe bastato sfogliare il loro giornale: due pagine prima c’erano abbondanti esempi di polizze vita non a vita intera e non temporanee.

14. Carenza d’informazione

Spesso conta anche quello che non si dice, e non solo ciò che si dice. Così sul Sole 24 Ore del 17-7-1994 Liera giustamente rileva la scorrettezza della pretesa analogia fra il promotore finanziario, che vende investimenti, e il medico di famiglia. Ma tace il nome della società che, nella pubblicità, presenta così i propri agenti. Analogamente segnala (13-10-1996 p. 17) una grave scorrettezza di una "grande banca nel centro di Milano", senza dire qual è.

È regola deontologica riferire il peccato ma non il peccatore? Ovviamente ai giornalisti del Washington Post che negli anni ’70 scoprirono lo scandalo Watergate non venne neppure in mente di scrivere che vi era implicato un uomo politico... tacendo però che si trattava di Richard Nixon.

Invece il Sole 24 Ore riferisce di un istituto di credito che pretendeva interessi del 28% (!) su uno scoperto di conto corrente (27-4-2000 p. 23) e, dopo due giorni (29-4-2000 p. 31), di una banca che aveva favorito i suoi dipendenti nell’assegnazione di azioni di nuova emissione. Ma in entrambi i casi resta senza risposta il lettore che logicamente si chiede di chi si trattava.

Così Liera riporta sì la notizia delle vicende giudiziarie che hanno travolto la sim Finanza & Comunicazione di Milano, presieduta da Giuseppe Santorsola: perquisizioni, commissariamento, radiazione dall’albo e condanne per riciclaggio di denaro sporco. Ma né nel suo articolo del 17-2-1995 (p. 29), né in quello del 22-2-95 (p. 22), c’è traccia di un’informazione fornita invece con giusto risalto da Nino Sunseri su la Repubblica (19-12-1994 p. 14). Ossia del fatto che si trattava di quello stesso Santorsola che per anni aveva presieduto l’associazione delle reti di vendita porta a porta (Assoreti), sempre atteggiandosi a paladino della correttezza e della competenza dei promotori finanziari. Non merita dirlo?

Liera torna sull’argomento dopo le condanne degli interessati (14-5-1997 p. 28), ma di nuovo non cita il ruolo che Santorsola aveva svolto nell’ambito del risparmio gestito.

15. Gravi omissioni

Il 25-3-96 l’Assoprevidenza organizza a Torino un convegno sui fondi pensione. La relazione centrale è di Giovanni Tamburi, coordinatore dell’Osservatorio dell’Unione Europea sulla previdenza complementare: in essa viene smontata la maggior parte dei luoghi comuni che troppi giornalisti italiani ripetono come pappagalli. L’intervento si basa su un poderoso rapporto3, distribuito ai partecipanti.

Ma nel servizio di Marco Liera apparso l’indomani sul Sole 24 Ore non c’è traccia di tutto ciò, nonostante l’autorevolezza del relatore, l’obiettivo interesse delle affermazioni fatte e il vivace dibattito seguitone.

16. La voce del padrone

È noto che la cosiddetta liquidazione, ossia il trattamento di fine rapporto (TFR), rappresenta un finanziamento a buon mercato per le aziende e questo fa gioco a quelli che sono indirettamente i proprietari del Sole 24 Ore, cioè agli industriali italiani. Ciò nonostante uno strabuzza gli occhi leggendo che "in epoca di bassa inflazione il rendimento reale del TFR può diventare interessante. Con un’inflazione all’1,5% il TFR rende il 2,6%, pari a un tasso reale dell’1,1%" (1-6-1997 p. 23). Il pudore dovrebbe infatti trattenere dal gabellare per conveniente un 1,1% annuo a fronte di rendimenti dei Bot allora sul 4%, sempre reale.

Inoltre la tesi sostenuta è concettualmente sbagliata: il meccanismo della rivalutazione del TFR – l’1,5% annuo più il 75% dell’inflazione – non diventa conveniente col raffreddarsi dell’inflazione, ma solo se questa sale senza che i rendimenti nominali riescano a starle dietro.

I Libri del Sole 24 Ore

Qualcuno potrebbe giustificare tali svarioni con la fretta con cui solitamente si lavora nei quotidiani. Ma il Sole 24 Ore pubblica anche libri. Ci è quindi sembrato giusto esaminarne qualcuno.

• Di uno basta il titolo. Si tratta di "Investire con gli astri" di Grazia Mirti (1999, pp. 252, lire 32.000), presentato con queste parole: "L’astrologia può essere un’ottima alleata di investitori e risparmiatori".
Peccato che alla Banca Centrale di Svezia la pensino diversamente e si rifiutino pervicamente di assegnare il Nobel per l’economia ad astrologi, chiromanti e cartomanti.
• Prendiamo invece la Guida del Sole 24 Ore "Come guadagnare in borsa" di Renato Di Lorenzo con la prefazione di Adamo Gentile. Alle pp. 136-137 leggiamo che "andiamo subito in difficoltà se la domanda è: oggi investo 109.460 $ e tra due anni ne avrò 131.238, a che tasso ho investito i miei denari?". Secondo l’autore "la risposta non è immediata. Non solo, ma non esiste una formula generica che me lo dica".
Viceversa basta applicare la solita formula dell’interesse composto, riportata da qualunque libro di matematica finanziaria delle medie superiori, e si ottiene subito 9,5%, risultato cui la Guida del Sole 24 Ore arriva invece con fatica e una serie di calcoli macchinosi4.
• Che dire poi della guida "I titoli di stato" (1993, pp. 135) di Tiziana Barghini, presentata dalle edizioni del Sole 24 Ore come "giornalista all’agenzia di stampa Reuters a Milano che segue giornalmente il mercato monetario e finanziario italiano" e dal 2001 responsabile del servizio ItalyOnline, sempre della Reuters?
Prendiamo la Scheda Tecnica dedicata ai Buoni del tesoro poliennali (Btp) che sono i più tradizionali fra i titoli di stato italiani. Vi leggiamo che la cedola è "liquidata annualmente" (p. 45), mentre tutti i Btp avevano cedole semestrali. Era così da decenni ed è così pure adesso. Inoltre la formula riportata per il calcolo del rendimento non funziona, non solo perché insiste con "la cedola pagata annualmente", ma anche perché non tiene assolutamente conto del rateo d’interesse. Ugualmente inapplicabile al caso generale è la formula fornita per i Cct (p. 39) e per di più in entrambe le formule un esponente è sbagliato.

Ma almeno un libro abbiamo voluto esaminarlo con maggiore cura. Abbiamo scelto "Borsa, Bot e dintorni" di Adamo Gentile (1993, pp. 96, lire 22.000). Infatti l’autore è stato responsabile dell’ufficio studi del Sole 24 Ore dal 1986 al 1993 e l’editore presenta il libro come "una bussola... per imparare a gestire bene i propri soldi", ristampandolo poi nel 1995. L’opera è sottile, con più illustrazioni che testo. Ma in sole 96 pagine abbiamo trovato oltre 40 fra errori, imprecisioni e frasi incomprensibili, di cui i 10 più significativi sono riportati in nota 5. Gli altri sono a disposizione di chi volesse contestare la fondatezza delle nostre critiche.

Peraltro il Sole 24 Ore fa salire in cattedra i propri esperti per una serie di lezioni che permetterebbero di "imparare a menadito a gestire il proprio risparmio" (3-2-2000 p. 39). Ecco, questo è un merito che va riconosciuto senza riserve al quotidiano della Confindustria: un’autostima che non conosce limiti.
 

NOTE

1 Vedi per es. Lorenzo Peccati, "Matematica per la finanza aziendale", Editori Riuniti, Roma, 1994: "Le valutazioni della duration di titoli indicizzati proposte per il nostro Paese e pubblicate ordinariamente sulla stampa economica sono sbagliate" (p.107); "Si pensi all’obbrobrio rappresentato dalla quotidiana pubblicazione della duration ‘sbagliata’ dei Cct" (p.310) .

2 Inflazione da dicembre 1983 a dicembre 1984: +8,8% (indice Istat del c. d. costo della vita); performance media dei Cct a tasso variabile e dei Btp quotati, rispettivamente: 19,6% e 18,4% (indici netti di capitalizzazione della Banca d’Italia del Mercato secondario dei titoli di stato); rendimento dei Bot annuali emessi nel dicembre 1983: +17,6%.

3 "Les régimes complémentaires de retraite dans l’Union Européenne", Rapport du réseau d’experts de la Commission européenne sur les retraites complémentaires, Bruxelles, 1994, pp. 161.

4 Basta applicare la formula i=(M:C)1:t-1. Infatti:

(131.238:109.460)0,5-1 = 1,1990,5-1 = 0,095.

Di questa guida segnaliamo anche il contorto ragionamento delle pp. 139-140 che permetterebbe, secondo l’autore, di ovviare ai limiti del criterio del rendimento effettivo.

5    (si riferisce a: "Borsa, Bot e dintorni" di Adamo Gentile ,1993, pp. 96, lire 22.000.)

1. L’emittente di obbligazioni è obbligato per legge a pagare una cedola (p. 4).

Non è vero, perché esistono obbligazioni senza cedole, perfettamente lecite: sono i titoli detti zero coupon, come i Certificati di credito del tesoro zero-coupon (Ctz).

5-2. Per le obbligazioni estere non di organismi internazionali è riportata l’aliquota fiscale del 30,00% se emesse prima del 19-9-92 (p. 7).

Invece dal 9-9-1992 (sic) era il 12,5% anche per i titoli già emessi prima.

3. Sono sparite completamente le obbligazioni societarie (p. 8).

No, perché all’uscita del libro (e nei mesi precedenti) ne erano quotate oltre 40 (varie Efibanca, le note Montedison 1992-2000 a tasso variabile ecc.).

4. I rendimenti dei Bot sono soggetti a un’aliquota del 12,5% (p.11).

No: è lo sconto di emissione a subire tale ritenuta: i rendimenti vengono decurtati in misura maggiore.

5. I Buoni del tesoro poliennali prevedono il pagamento di interessi corrisposti annualmente o semestralmente (p. 12).

Da oltre mezzo secolo le cedole dei Btp sono solo semestrali!

6. I Cct [...] sono caratterizzati dalla presenza di diverse forme di indicizzazione del rendimento e del valore di rimborso (p. 14).

No, perché il valore di rimborso dei Cct è fisso e comunque sono gli interessi a essere indicizzati, non il rendimento.

7. Coi titoli indicizzati scompare il rischio di perdite in conto capitale (p.17).

Ma notoriamente non è vero: alcuni Cct e alcune obbligazioni Iri indicizzate sono andati anche sotto le 90 lire!

8. Coi Cts... si ha la possibilità... di garantirsi un flusso di cedole in termini reali (p. 19).

No, perché non era prevista nessuna garanzia di rendimenti reali per i certificati del tesoro a sconto, peraltro non più emessi da anni.

9. ... la svalutazione del settembre 1992, quando la lira ha perso circa il 40% del suo valore contro le altre valute (p. 20).

No, perché le divise cosiddette forti si rivalutarono circa del 40%, ma ciò significò una perdita di valore della lira solo del 29%.

10. ... azioni a basso rischio: azioni privilegiate e di risparmio... (p. 65).

Ma da quando in qua? Le azioni privilegiate e di risparmio (le Fiat o le Olivetti, per es.) hanno subito tracolli simili a quelli delle azioni ordinarie.